Duccio ci ha lasciato. Siamo tutti attoniti. Eravamo così felici quando, in settembre, ci siamo incontrati con lui e con Tarcisio che volevano condividere con noi il lavoro di Donk, l’associazione di medici volontari a cui aderisco da diverso tempo. Io lo avevo conosciuto molti anni fa; lui esperto nefrologo pediatra all’Ospedale Burlo Garofalo e io giovane specializzando in Nefrologia. Condividevamo problemi nefrologici e lui mi insegnava molte cose, spesso complesse, con pacatezza e semplicità e con l’occhio sempre rivolto al piccolo malato, alla sua famiglia. Ogni tanto parlavamo del mondo, di cose non mediche ma importanti per la vita della gente. Duccio era così: grande cultura medica ma, soprattutto, grande umanità. Ci siamo persi di vista quando lasciò il Burlo per andare a dirigere la Pediatria di Pordenone. Ogni tanto leggevo suoi articoli su problematiche mediche di bambini: erano scritti così puntuali dal punto di vista scientifico ma allo stesso tempo sempre così chiari e comprensibili, anche per chi medico non è.

Era rimasto sempre lo stesso Duccio anche dopo il suo pensionamento, occupandosi sempre della gente e in particolare degli ultimi. Mi ricordo di un suo bellissimo scritto di due anni fa, a nome del gruppo Camminare Insieme, dal titolo “Non possiamo tacere”. Parlava della tragedia dei bambini, morti in mare o sulle rive della Libia, nel tentativo di raggiungere con i loro genitori una condizione di vita degna di essere vissuta, accomunando queste inascoltate verità con la tragedia locale sempre davanti ai nostri occhi di abitanti di Trieste, città punto di arrivo della “Rotta balcanica”.

Sollecitava tutti noi a seguire la missione del fare e del far vedere le realtà più crude: quelle che a tutti creano dubbi, domande su come sia impellente non perdere mai di vista la nostra umanità.

Duccio ci ha contattato, assieme ad altri colleghi, in settembre, quando diventava evidente la tragedia di una moltitudine di migranti stanchi, malvestiti, affamati, con problemi di salute e la prospettiva di dover attendere mesi per poter presentare la richiesta di asilo mentre il tempo passava e si faceva sempre più vicino l’inverno.

Ci disse: sono qui, cosa posso fare per questi ultimi degli ultimi? Scelse di lavorare anche lui come medico volontario di Donk visitando ogni settimana nel Centro diurno di via Udine coloro che avevano bisogno di noi e portando loro sollievo per le gambe piagate dalla lunga marcia tra le montagne di Croazia e Slovenia, la scabbia presa nel dormire in condizioni igieniche impossibili, le malattie gastrointestinali prese bevendo l’acqua dalle pozzanghere e mangiando quello che potevano trovare, le malattie respiratorie prese nel cammino al freddo e sotto la pioggia, il disagio di sentirsi ultimi e rifiutati.

Qualche giorno fa Stefano (Bardari, il presidente dell’associazione) ha scritto a tutto il gruppo di Donk invitandoci per un incontro il 20 dicembre presso la nostra sede per un confronto sulla situazione attuale al quale, magari, far seguire una pizza tutti insieme. Duccio aveva scritto: credo che ci sarò, salvo imprevisti.

Ci sarai Duccio, sarai sempre con noi!

Michele Carraro per Donk Humanitarian Medicine odv

Grazie!