“L’uomo seduto davanti a me è silenzioso e non solo perché conosce sì e no due parole di inglese, ma perché non ha voglia di parlare – si vede – almeno non con noi. Il suo silenzio è cupo, gli occhi guardano altrove, perlopiù a terra. Mi chiedo se è il passato che non vuole vedere, come dicono che succeda a chi ha subito di più di quanto potesse sopportare, o se non gli interessi più il futuro, se ci abbia rinunciato. E non è neanche tanto giovane, non per i nostri standard: T.H. ha 35 anni ed è pakistano.
È la seconda volta che T.H. viene in visita. La prima, 15 giorni fa, si era conclusa con una diagnosi di tracheite virale. L’anamnesi era stata sommaria per la difficoltà di conversazione: tosse secca da qualche giorno e dolore retrosternale, un po’ di prurito diffuso. Era febbraio e molti dei nostri pazienti avevano sintomi da raffreddamento. L’obiettività era modesta, non febbre, qualche singolo ronco ai polmoni; il prurito non aveva causa visibile. Spesso i ragazzi quando arrivano hanno prurito e non sempre è scabbia, magari è la mancanza d’igiene durante il viaggio o anche solo il disagio, l’ansia, l’insicurezza della situazione. Gli era stato dato dello sciroppo di ambroxolo e qualche compressa di cetirizina per interrompere il prurito.
Stavolta con lui c’è un ragazzo, il ragazzo parla un po’ più di inglese e sembra prendersi a cuore le sorti di T.H. Così quando domandiamo ancora una volta della tosse lui interviene e dice che non è da pochi giorni che ha questi sintomi, è da tanto e che quando era al campo in Bosnia ha dovuto sostare per due mesi perché era malato.
Naturalmente così le cose cambiano e si accende qualche luce nella nostra testa. La visita conferma che la situazione è più grave di due settimane prima: alla base destra c’è un’ipofonesi e un murmure molto diminuito con qualche crepitio. Ancora non c’è febbre. La diagnosi è di sospetta broncopolmonite con versamento alla base destra e si richiede un Rx del torace urgente, prima di iniziare qualsiasi trattamento. Il sospetto di un’origine specifica è forte e avvertiamo gli operatori affinché prendano le precauzioni necessarie.
La sera a casa mando un messaggio a Stella, la collega che lavora in Pronto Soccorso, affinché sappia del problema e tenga un occhio sul giovane uomo: Stella è sempre accurata e attenta e non sottovaluta mai i problemi. La catena fruttuosa di DonK però non finisce qui: il giorno dopo riceviamo un messaggio da un’altra collega dell’associazione che sta finendo la specializzazione di malattie infettive. Verena ci conferma che il caso è stato preso in carico dal suo reparto e che il sospetto è stato confermato. Finalmente T.H. è in buone mani e speriamo che fra qualche tempo con la salute recuperi un po’ di allegria”.
Giovanna, medico volontario Donk HM